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Dolcissima sapienza

mother and daughter, olga suvorova

“Il grembo è prima di tutto quello materno, in cui si ha la primissima definizione corporea. Ma il principio della corporeità è solo l’inizio della nascita, perché poi nell’arco della propria vita è necessario partorirsi più volte. E perché si avveri la nascita, ci si deve staccare, il distacco che deve avvenire, com’è naturale che sia, dalla Madre di tutte le cose (Mater Matuta) in primis “Non mi sarei staccata da te /se non avessi sentito il primo morso dell’aria sulla pelle”  e poi dalla propria madre naturale, “Lasciami madre/nel desiderio perfetto dell’incompiuto”  per cercare nella differenziazione quella definizione dell’essere che può attuarsi solo nell’affermazione di ciò che non si è. E dopo il “non sono”,  la figlia non più “solo figlia”, esercita l’accadere “Accado insieme al tempo/che mi percuote/ mi morde/diventa mio” e poi la storia che è già divenire nel fiorire dell’ “io sono”: “Fiorirà il sì del mio corpo per abbracciare quello che non fugge e si offre/ e quello che è segreto e timido.”

Così scrive Valentina Meloni sul suo blog nella recensione sul mio libro di poesie Grembo (Rupe Mutevole, Collana Poesia, 2012)

Valentina nel tuo esserci poetico, intenso e pieno di cura ho sempre intuito la possibilità di un incontro con te, con me. In questo tuo scritto  m’incanti  perché ti inoltri con me in questo luogo-non luogo che è Grembo, di premonizione in premonizione e sussulto e promessa su questo terreno aspro e infido per la sua fugacità “ (come scrive Antonella Giacon) dove l’ “io sono” è errante: forte di accadere ma anche fragile nel suo divenire. A volte le tracce che si delineano dal mio sentire sono troppo lievi e rendono incerto il cammino o i solchi antichi sono troppo profondi per non cadere. Eppure il presentimento, la voce nel dire “vai” era balenata da lei, mia madre, stremata dal distacco ma fiera di un’altra nascita per me.

Per attuare, come scrivi tu Valentina, “la maternità “perfetta” che implica una nascita consapevole e responsabile” ci vogliono molte donne-grembo  vicino  a  noi, donne che conoscono l’inquietudine, lo smarrimento del contrarsi ma anche la liberazione del cedere il passo del nascere.  Donne come te che conoscono la fatica e l’ardore di divenire se stesse e la passione per le parole per chiamarsi, per assegnarsi un nome e infine incontrarsi” come tu scrivi.

Tu Valentina riconosci i miei argini-parola, non fai nessuna pressione per spostarli ma ne fai esperienza di sentire di anima e pensiero per condividere la mia solitudine.

Grazie per questa tua dolcissima sapienza.

Nicoletta Nuzzo

l’immagine – madre e figlia – è un’opera di Olga Suvorova

 

 

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“La raccolta si condensa come una preghiera alla Madre”

Catrin Arno

Giusi Ambrosio su “Grembo”

Un lettura emozionante e mai conclusa.

Sono tante le suggestioni e i pensieri tra la forza delle immagini e la profondità delle parole che difficilmente la lettura può considerarsi definitiva; è una porta che si apre su uno scenario di nodi, di voli, di occhi, di mani, un grembo come universo.” il ventre speziato della luna”, “l’occhio specchiato del gatto”, “la macchina da cucire”, “il fiore nel bicchiere sul tavolo di cucina”,” eppoi brulicava quel sangue anche discreto”.

Eppure qualcosa di ancora non detto o meglio di non rivelato lascia in una inquietudine difficile da definire. E’ la dimensione dell’esistere che Nicoletta cerca e costruisce mediante una narrazione che s’interrompe per pudicizia, per eccesso d’amore, per timore di smarrimento.

A me pare che Nicoletta ci mostri il suo essere su una soglia, tesa all’abisso e sorretta dalla fedeltà alla Terra.

La verità del pensiero poetico si rivela nella materialità e concretezza dei riferimenti, ma  in uno stato di sospensione della veglia nel tempo lucido e magico che precede l’abbandono al sonno.

La raccolta si condensa come una preghiera alla Madre, alle madri, alla possibilità di essere al mondo tra inganni e tradimenti, tra fughe e rimpianti. Sono una donna, come essere donna?

“mio cielo, specchiera del mondo…” raggiunge il sublime.

(da Mio cielo: “Mio cielo/ specchiera del mondo/ quante cose mi hai nascosto/ mentre io ingenua mi agitavo nella febbre dei miei enigmi/ non avevo mai risposte da te/ solo le mie domande che tornavano indietro/ ancora più estranee ed impenetrabili/ per l’odore selvatico di aria aperta,/ ti chiedo adesso una pioggia  leggera/ che mi riporti dentro ad un grembo a dormire.”)

Un grazie di cuore cara Nicoletta per questa tua voce profonda e colorata, un abbraccio Giusi

 

l’immagine è un’opera di Catrin Arno

 
3 commenti

Pubblicato da su 17/01/2014 in incontri, letture, poesia, riconoscimenti

 

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Grembo

 

musa in giardino 

sono uscita dal seme

e mi sono riposta subito

accanto alla scorza

per non dimenticare l’inizio,

dal davanzale alla stanza il passo è stato chiaro

avevo lasciato le mie tracce nel caso di un ritorno,

ero uno stelo non più racchiuso ma appena fiorito,

il fiato non era più sospeso,

l’ora era tiepida. Forse sto vivendo

 

(Nicoletta Nuzzo da Grembo Rupe Mutevole 2012, Collana Poesia)

immagine di Pina Nuzzo, Musa in giardino

 
1 Commento

Pubblicato da su 07/02/2013 in poesia

 

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