“Non prevedo un matrimonio in abito bianco, né un figlio. Ma le donne sposano gli uomini e mettono al mondo i figli. E io che metterò al mondo? Io volevo mettere al mondo un ideale, una rivoluzione, un cambiamento. Io metto al mondo un cambiamento sì, tanto i figli non mancano.”
Così scrive Laura, giovane donna di 28 anni dell’Associazione 8marzo2012 di Tivoli su Laboratorio Donnae. E poi Laura si chiede “Ma sono lo stesso una donna? Anche senza un marito, un figlio? E che donna sono? Una femminista?”
E che donna sono? Quante volte me lo sono chiesta…sono una donna che ha accettato di perdere allontanandosi dagli stereotipi e da questa perdita si è curata con le parole, dentro un linguaggio che è costruzione di doni… il figliare è stato per me trasformare significati, accogliere le immagini che emergono quando riesco a fare il vuoto, fare silenzio interiore eliminando ciò che è inessenziale. E’ un lavoro invisibile di smottamenti interiori, questo diventare vuoto per inaugurare un mio modo di essere mi fa ammalare e sentirmi come una partoriente: ho insonnia e mal di stomaco che a ondate mi annichiliscono e così ho bisogno di tempo e di cure continue.
“Sto cercando la mia identità con determinazione, consapevole che il germe del mio essere ha bisogno di cure continue… ma mi arrampico a quel germoglio con tenacia” Così mi scrive la poeta Valentina Meloni, ed io come lei, come Laura sono una donna che desidera.
Mi viene in mente il libro della filosofa Luisa Muraro “Al mercato della felicità. La forza irrinunciabile del desiderio”…dove scrive che ” il reale non è indifferente al desiderio…Desiderio è la capacità di stare al mondo senza sottostare alle sue leggi”.
Desiderare non per il possesso di qualcosa ma come spinta vitale all’immaginazione.
Se ho bisogno di altre donne per nutrire e sostenere il mio germoglio di essere, non credano di avere dei diritti su di me quelle donne che ancora oggi fanno del proprio essere mogli, madri “perfette” una specie di superiorità o normalità imprescindibile.
Nicoletta Nuzzo
Didentro
è gradito anche un mondo immaginario
che non oltrepassi la mia finestra
e accarezzi la mia fronte,
lì ci sono le prime impronte
lasciate da un vivere immacolato,
lì ci sono i nomi che ho perso a figliare
dentro un sonno irrevocabile da sirena
Nicoletta Nuzzo
Il dipinto è di Catrin Welz Stein